La Voce di Lovere
Anno 57, numero 2
Aprile 2004




La Voce di Lovere, Aprile 2004
Vita parrocchiale
Le ante dell'organo sono finalmente ritornate

Gino Angelico  Scalzi
 
Possiamo considerarci fortunati se le due ante
dell’organo di S. Maria dipinte da Ferramola e Moretto
siano pervenute in soddisfacente conservazione
dei loro 486 anni di esistenza, ed ancora nella loro
funzione originaria di protezione e di completamento
alla cassa dell’organo, immuni dagli smembramenti
toccati ad altri consimili arredi divenuti quadri
d’ornamento di musei o chiese, “raddoppiati” con la
separazione del recto dal verso.
Sono oramai note le rischiose vicende delle nostre
due ante: eseguite per il Duomo Vecchio di Brescia,
ed inaugurate il 15 agosto 1518, unitamente alla
cassa dell’organo di Stefano Lamberti ed allo strumento
di Bartolomeo Antegnati. Ivi rimasero sino al
1537, sostituite dai dipinti del Romanino e trasferite
con l’organo nell’attigua Basilica Cattedrale di S.
Pietro de Dom. Emigrate finalmente a Lovere prima
della demolizione del S. Pietro avvenuta nel 1604,
furono acquistate, forse direttamente da parte della
comunità locale per la Basilica di S. Maria.
Non risulta a tutt’oggi documentazione in merito:
soltanto due documenti tardivi ci confermano l’esistenza
e l’attuale posizione dell’organo in S. Maria
e la contemporanea presenza dell’antico positivo
nella prima arcata sinistra.
Il primo cenno è in una antica planimetria della
Basilica datata 1687, disegnata e firmata da un Gian
Battista Sacella, forse un appartenente alla famiglia
dello scultore Simone Sacella, autore del portale di
S. Giorgio, datato 1655. Dalla planimetria risulta che
l’organo occupa l’attuale posizione.Un’altra notizia
è contenuta in una relazione del delegato provinciale
al Senato di Venezia del 26 agosto 1688 che descrivendo
la Basilica dice: “…quadri, ornamenti
preziosi in detta chiesa, organo sontuoso ornato di
famose pitture entro e fuori…” (archivio di Stato di
Venezia: Senato – Terra, Filza 1116).
Testimonianza più antica si può dedurre dalla addizione
muraria per allogarvi i mantici dello strumento:
una “scarsella” che si accorpa alla preesistente
cappella di S. Francesco, distinguibile per il
cambio di muratura particolarmente vistoso nell’interno
e che costituisce con il contiguo volume della
sacrestia un nuovo gradevole movimento di masse
aggregate all’abside. L’aggiunta ha comportato la
chiusura di un lungo finestrone centinato nella parete
destra del presbiterio, pesante modifica alla luminosità
compensata con l’apertura di due finestre
molto alte, necessarie ad illuminare l’abside ed il
presbiterio. Veniva così a ripristinarsi la fonte luminosa
necessaria per la visibilità delle ante, oltretutto
la medesima proveniente da sinistra come nel Duo
mo Vecchio di Brescia e della quale i due pittori Ferramola
e Moretto avevano tenuto conto nell’eseguire
le quattro tele.
La cantoria è del primissimo Seicento, evidentemente
contemporanea all’arrivo delle ante in S. Maria;
ha parapetto ligneo a tre scomparti frontali, or
ora restaurati, dipinti a riquadri con rosoni classici e
rimessi in luce dopo la rimozione dei mediocri pan

nelli tardosecenteschi raffiguranti Angeli musicanti,
opera di un pressoché ignoto pittore locale Antonio
Moroni, ed oggi disposti in Sacrestia. La cospicua
volumetria del complesso non ostacola la chiarezza
spaziale e la continuità della visione dell’interno non
spingendosi eccessivamente sul vuoto del presbiterio
ed avendo dimensioni proporzionate alla parete
della campata ove è collocato.
L’acquisto delle ante ha costituito una singolare
fortuna per S. Maria, ove già nel 1514 l’intervento
del Ferramola era stato determinante per l’assetto
decorativo degli interni. L’Annunciazione, di quattro
anni più tarda, veniva qui a completare l’opera del
Pittore evidenziando marcatamente l’unità stilistica
e cromatica fra la decorazione della navata e l’Annunciazione;
e così pure i comuni aspetti di derivazione
bramantesca quali i dodici tondi degli Apostoli,
visti come oculi prospettici inseriti nei pennacchi
delle arcate, e la stessa Annunciazione ambientata –
all’uso nordico – in un luogo sacro, nel nostro caso
l’interno di un tempietto bramantesco a pianta centrale
con cupola.
Si adeguano perfettamente all’ambiente, anche
se di ben altra qualità rispetto all’opera del Ferramola,
gli interni delle ante raffiguranti i Santi Faustino
e Giovita a cavallo, dipinti dal giovanissimo Moretto,
poco più che ventenne, evidentemente influenzato
dal Romanino. I due cavalieri sono presentati dal
Moretto entro una struttura ispirata all’arco trionfale
romano a tre fornici, evidente richiamo ai due Santi
protettori della città che secondo la leggenda sarebbero
apparsi durante l’assedio posto da Nicolò Piccinino
nel 1438 vestiti da guerrieri e non più da diaconi
come nell’antica iconografia, nell’atto di respingere
le palle di cannone degli assedianti arrestatesi
sulle mura della città e qui presentate nelle arcate a
mo’ di rosoni decorativi. La composizione è monumentale
in rispondenza all’ampio respiro della Basilica
ed al solenne impianto decorativo a cassettoni
della volte centrale: è la stessa sensibilità spaziale
che presiede all’opera dipinta ed all’opera costruita.
I loveresi non possono che dichiararsi riconoscenti
ai loveresi d’allora che, dovendo provvedere
ad un nuovo organo della Basilica, hanno preferito,
pure in ambiente ormai barocco, optare per una scelta
forse giudicata antiquata o fuori moda nei primi
anni del Seicento, ma l’unica possibile, per misura,
volumetria e carattere, ad inserirsi coerentemente
nell’ambiente rinascimentale di S. Maria.
Fortunate le due ante, uscite indenni (… o quasi)
dai ripetuti viaggi di andata e ritorno Brescia-Lovere
per mostre d’arte ove nel 1946 ebbero un primo intervento
conservativo voluto dalla Sovrintendenza
di Milano alla loro uscita dal rifugio antiaereo dopo
l’ultimo conflitto. Vennero ricollocate in S. Maria
nel luglio 1947 in occasione dell’ingresso del nuovo
Prevosto Mons. Lorenzo Lebini.
Ritornano ora in S. Maria, reduci dalla mostra
bresciana del Foppa, esemplarmente restaurate da
Gian Maria Casella, unitamente ai due tondi dell’arcata
e al medaglione del coronamento, per meritorio
intervento del Comune di Brescia e dei Musei bresciani
cui la comunità loverese deve essere molto
grata. Il delicato restauro, avvenuto a Brescia sotto la
sorveglianza della dott.ssa Amalia Pacìa, ispettore
della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di
Milano, è consistito nella suturazione di alcune lacerazioni,
con conseguenti stuccature, lievi reintegrazioni
delle parti sgranate, il consolidamento della
pellicola pittorica e la pulitura da vecchie polveri penetrate
in profondità, per cui le due tempere hanno
oggi riacquistato l’originaria cromia e la brillantezza
di alcuni colori, ma non purtroppo le punteggiature
d’oro inserite su alcune zone delle vesti, andate perdute
da tempi immemorabili.
Dovrebbe ora seguire l’intervento del Comune
di Lovere per il restauro urgente ed improrogabile
dell’Organo: purtroppo non dell’antico Antegnati,
andato disperso da secoli, ma dell’attuale strumento
parimenti pregevole, opera nella massima parte dell’organaro
bergamasco Francesco Bossi datato al
1789. Sarà un’ulteriore dimostrazione dell’impegno
dei loveresi per il graduale restauro della loro Chiesa
Parrocchiale, edificio di innegabile suggestione e
documento della religiosità e della civiltà dei loro
concittadini del XV secolo.


S.Maria. Visibile l'aggiunta secentesca

Planimetria: organo e cantoria, mantici

Interno con l'organo
 
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